Curiosità

27 gennaio – Oggi è il giorno della memoria….

Oggi è il giorno della memoria….

Per noi di una certa generazione il giorno della memoria è sempre stato legato al libro di Primo Levi Se questo è un uomo

Se questo è un uomo è un’opera memorialistica scritta tra il dicembre 1945 e il gennaio 1947 che rappresenta la coinvolgente ma meditata testimonianza di quello che l’autore aveva vissuto nel campo di concentramento di Monowitz, lager satellite del complesso di Auschwitz.

Il testo fu scritto come testimonianza di un terribile avvenimento storico. Lo stesso Levi diceva che il libro era «nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi». L’opera comunque fu oggetto di varie rielaborazioni e corrisponde allo stato d’animo dell’autore che come primo impulso ebbe quello di testimoniare l’accaduto, poi di tentare di spiegare, in un groviglio di pensieri che si portò avanti tutta la vita, l’incredibile realtà dei lager nazisti. Ma, come lo stato d’animo dell’autore, il libro ebbe alti e bassi. Il manoscritto fu rifiutato da Einaudi per ben due volte: nel 1947, da Natalia Ginzburg, allora consulente della casa editrice, che comunicò a Levi il rifiuto e qualche anno dopo da Cesare Pavese, secondo il quale erano già usciti troppi libri sui campi di concentramento. Levi pertanto decise di rivolgersi alla piccola casa editrice Francesco De Silva, che lo stamperà nell’autunno del 1947 in sole 2500 copie. A scopo promozionale furono pubblicati alcuni capitoli in anteprima sul giornale di Vercelli, “L’amico del popolo”, e su “Il Ponte”, nota rivista letteraria diretta da Piero Calamandrei. Insomma, si continuava a non crederci. Fu Franco Antonicelli, direttore della casa editrice, a decidere di sostituire al titolo scelto da Levi, I sommersi e i salvati, il famoso Se questo è un uomo. Di fatto il successo del libro si fece attendere fino al 1958, anno in cui l’opera venne pubblicata finalmente proprio da Einaudi nella collana Saggi con un risvolto di copertina non firmato ma scritto da Italo Calvino e  con una copertina, che troverete qui riprodotta e che ci ha permesso di ricostruire tutta la storia. Nel 1964 Primo Levi ne produsse addirittura una riduzione radiofonica che venne trasmessa il 25 aprile dello stesso anno, alla quale avrebbe fatto seguito nel 1966 la riduzione teatrale di Pieralberto Marchesini. Comunque per Levi, anche dopo la pubblicazione del libro, la scrittura dell’esperienza personale vissuta nel campo di sterminio rimase un tormento perennemente acceso. Dopo Se questo è un uomo pubblicò La tregua, che descrive l’interminabile itinerario nei paesi dell’Europa centrale che Levi attraversò sulla via del ritorno in Italia dopo la liberazione dal campo. Quest’opera, come dice bene il titolo, rappresentare una fase in cui la mente del protagonista restò in parte libera dal pensiero assillante della prigionia e dei ricordi. Un pensiero che comunque lo avrebbe riassalito al momento di ritornare a casa e anche negli anni successivi. Nel 1986, infatti, pubblicò il saggio I sommersi e i salvati, che trattava di nuovo la tematica del lager nazista (e riprendeva il vecchio titolo). Di fatto Levi non si separerà mai da quel vissuto, forse perché non trovo mai una risposta alla sua domanda: cosa conduce un uomo a essere così disumano? È questo un uomo? Non a caso la lettura di Se questo è un uomo è un’esperienza intensa per il lettore che non può che lasciarsi trascinare nel viaggio e nel terribile vissuto dell’autore, che si fa continue domande. Nel libro per esempio non vi è traccia o quasi di un giudizio morale negativo nei confronti di nessuno, né alcuna espressione di odio o rancore nei confronti del nazismo. La mancanza di questi sentimenti e la tentata neutralità di Levi portò subito la critica a parlare di un modo di scrivere classico, ovvero essenziale e composto, una scrittura che pone Levi tra i grandi della letteratura. L’autore spiegò in seguito ai lettori che era sua intenzione quella di mantenere un approccio razionale, assumendo il ruolo del testimone e lasciando al lettore il compito di formarsi un’opinione sull’accaduto. Riportare e non capire, rifiutare profondamente forse, forse questo fu il suo male. Come riportato nell’appendice al romanzo, a Levi fu chiesta una spiegazione sull’origine dell’antisemitismo nazista. Secondo Levi, andava inquadrato in un fenomeno più ampio, universale (da qui il fatto di collocare questo libro tra i classici), quello dell’ostilità sviluppata nei confronti dei diversi. Il lettore intuisce quindi che la descrizione del mondo dei lager può indicare, in qualche modo, un qualcosa di più ampio che può arrivare a coinvolgere l’intero mondo della condizione e della natura umana. Per questo ci è venuto spontaneo fare un nesso con un piccolo diario molto meno elaborato e intellettuale, Linee resistenti, scritto da Iliano Caprari, un deportato del Quadraro (Roma) nell’aprile del 1944. Anche lui fu portato in Germania, sottratto alla sua famiglia, alla sua vita, costretto a lavori forzati, inutili e disumani, ma il potere fascista dichiarò che era partito di sua spontanea volontà, per lavorare. Perché quindi, ci siamo chiesti, citare due opere così diverse? Se questo è un uomo, pubblicata ormai tanti anni fa, è riconosciuta da tutti per il suo valore letterario e storico. La seconda è un’opera semplice, scritta da uno sconosciuto, riportata alla luce dalla figlia Manuela che ostinatamente ha voluto ricordare un padre “resistente”, perché tutti abbiamo bisogno non di eroi, ma di persone di valore, che ci comunicano forza, energia, vitalità, resistenza, giustizia. Ebbene, queste due opere a distanza di 60 anni hanno avuto una copertina simile: la prima grazie al noto Munari, la seconda grazie a un grafico, Francesco Leonini, e ambedue hanno interpretato la forza interna, la resistenza, l’identità, l’integrità di questi due uomini diversi ma ugualmente annullati come tanti altri (e non solo ebrei o deportati!), nello stesso modo. Leonini è stato sicuramente ispirato dalla prefazione a Linee resistenti di una psichiatra che amiamo molto, Annelore Homberg, che parla appunto di linee resistenti. Perché la linea non esiste nella realtà, la linea è creazione umana, la linea è identità, forza e resistenza. Ci vorrebbe uno storico dell’arte, per parlarne…. chi se la sente??? Approfondiremo…

Per adesso, oggi, ricordiamo… per non dimenticare e resistere ancora, perché questa disumanità purtroppo ancora continua a non essere capita e rifiutata. Grazie a Levi, grazie a Caprari quindi, ma soprattutto ad Annelore Homberg per aver cercato ancora e trovato risposte alla sete di conoscenza di certi autori, uomini e donne.

Perché ora è possibile capire….

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